mercoledì 11 giugno 2008

Archeologia: se ne può discutere anche serenamente

di Giorgio Cannas

Vedo che Gigi Sanna l’aveva previsto. In notevole anticipo, direi. E ora capisco perché, nonostante le insistenze mie e di altri amici, suoi tifosi (ma con prudenza 'critica', sempre nei limiti della decenza e senza servilismi), lui non gradisse per niente un’entrata nella discussione e perché per anni e anni (credo dieci), nonostante le punzecchiature, abbia taciuto.
Ho notato che lo ha scritto diverse volte anche a Gianfranco Pintore, come questi puntualmente riferisce. Era prevedibile infatti che ci sarebbe stata sempre una 'risposta della risposta', una sterile e persino becera contrapposizione, un eccesso di parole che, nella foga, avrebbe potuto degenerare, con esiti solo giudiziari. Se qualcuno lo avesse dimenticato si rilegga lo scritto sul sito del direttore del Blog. E così puntualmente è avvenuto. Lo Stiglitz, che pretende solo a parole la concretezza, dovrebbe ammetterlo per primo. E non fare lui il moralista, come se gli altri non leggano e non ricordino.
Ora io non so se coloro che hanno rinvenuto il documento (il notissimo avvocato Paolo Meloni di Norbello) e lo studioso (Gigi Sanna che lo ha visionato e fotografato per primo davanti al detto avvocato e a non pochi testimoni, compresi i proprietari della tanca) vorranno procedere nei confronti di chi li calunnia e diffama. Due reati, come si sa, gravissimi. Se lo facessero (anche il direttore del Blog ha capito e si è prontamente tutelato di fronte alla gravità delle affermazioni: documenti ‘trattati’, scalfitture apposite,’forse fatte con chiavi’ e via diffamando) qualche ‘bambinone’ impertinente (e, ahimè, sempre orribilmente sgrammaticato) se lo meriterebbe, perché ‘is cropus de manu a is nadias no abbastant: ci 'oit sa pettia o sa zirogna’ Tanto più gliele danno le sculacciate e tanto più costui pensa d’essere ‘balente’.
Già il dott. Usai aveva rischiato grosso, a motivo della sua evidente incapacità di tenere a freno i morsi al veleno (vedasi la giusta e scontata reazione del prof. Pittau!), parlando di ‘reato di falso’ per le tavolette. Tanto che nella risposta successiva si è prontamente rimangiato tutto e, forse per consiglio saggio di qualcuno, ha preferito orientarsi su ‘autentiche’ fibbie di cinturoni medioevali'. Ma ancor di più ho capito Gigi Sanna quando ha partecipato, domenica scorsa (8 giugno), al Convegno sulla scrittura nuragica promossa dal Comune di Tortoli e dalla Provincia dell’Ogliastra. Il bellissimo convegno, partecipatissimo (con tanto di mostra fotografica di scrittura nuragica annessa), ha avuto un tale gradimento che le persone sono rimaste inchiodate alle loro poltrone quasi sino alle 21 (l'orario d'inizio era alle 16,30).
In tantissimi sono intervenuti e da numerosi luoghi dell’Ogliastra. Ho capito il nobile silenzio del prof. Sanna perché solo in un Convegno, in un luogo pubblico aperto alla discussione, con i tempi dovuti, ci si può fare una certa idea della scrittura nuragica. Anche perché il ‘casino delle curve’, come lo chiama ironicamente lui, non era ammesso nel teatro di Tortolì. E tanto meno erano ammessi i provocatori. Lì si pretendevano solo argomentazioni, esposizioni garbate e civili, con un noto giornalista a far da moderatore, da sottoporre al giudizio di tutti.
Nel detto convegno parlavano la prof. Maria Rita Piras dell’Università di Sassari, Pier Guy Vansis Stephanopoulos e Pasquale Zucca, tutti noti e serissimi studiosi. Chi erano però gli assenti? Gli archeologi e la Sovrintendenza che hanno declinato l'invito. Quegli archeologi e quella sovrintendenza che non hanno capito nulla del documento e che, irresponsabilmente, hanno lasciato per decenni e decenni al ludibrio degli uomini e del tempo una pietra nuragica sacra, ‘buttata’, quasi con disprezzo, su un marciapiede di Santa Maria Navarrese. Non solo non hanno capito i segni e i simboli del manufatto ma non hanno capito e visto la scrittura lineare, due lettere incise profondamente, della stessa età delle coppelle, con il nome della divinità (E attenti alla 'somiglianza' con le lettere! Come ci è stato ben spiegato da Sanna, non ci sono scritte le iniziali di Italo Carta o di Carcangiu Ignazio e nemmeno il numerale CI etrusco!).
Ora quella pietra, grazie a qualcuno che ha messo più di una pulce nell'orecchio, sarà studiata ancora di più e, nel frattempo, custodita. Parola del sindaco di Baunei. Anche don Pietro, il parroco, ha tifato per l'altare antichissimo che sta fuori della chiesetta di Santa Maria perché il ’sacro' va sempre e comunque tutelato. Perché dunque erano assenti quelli che per primi sarebbero dovuti intervenire? Per il semplice motivo, a mio parere (ma anche per opinione generale) che non avrebbero potuto replicare a certe accuse. Questa pietra, che ho fotografato, la invio come mio ulteriore contributo per la discussione. Ci sono le coppelle in forma di ellisse uguali a quella dell’altare (anche per me è un altare) di Pitzinnu di Abbasanta, c’è la consueta simbologia numerica nuragica, ci sono soprattutto due incisioni fatte (una purtroppo è quasi scomparsa), con ogni probabilità nel XIII o XII secolo a.C., dato il medesimo tipo di segni alfabetici consonantici che si trovano attestati in Tzricotu di Cabras, nel sigillo di S. Imbenia di Alghero, nella pietra della chiesetta di S. Prisca di Pau, nelle stesse statue stele di Laconi e in diversi documenti ancora.
Mi scuso 'po sa lareddia’, ma permettetemi ancora due parole. Non vorrei, dato il ‘casino delle curve’, che qualcuno cogliesse l’occasione per far precipitare nel dimenticatoio la mia circostanziata richiesta di sapere dove si trova il coccio nuragico con scrittura cuneiforme (quello, ripeto, di cui parla il prof. Pettinato dell’Università di Roma), trovato a Villanovafranca e, ancora, dove si trova il cosiddetto brassard di Is Loccis Santus di San Giovanni Suergiu. Noto che in questo blog si è pronti a rispondere a tutto, anche al troppo e al vano. Perché non alla mia 'semplice' richiesta?

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