lunedì 23 giugno 2008

Sciogliere il Parlamento sardo per punire Soru. Ma scherziamo?

Verrebbe in testa a qualcuno di chiedere lo scioglimento del Parlamento italiano, se una sua legge viene bocciata dalla Corte costituzionale? E' capitata non poche volte una simile bocciatura e, al più, gli oppositori di turno possono aver chiesto le dimissioni del governo che ha proposto quella legge. Ed è naturale che così sia. Una opposizione, svolgendo il suo ruolo, lo deve fare. Così come può capitare che, in un impeto di particolare enfasi, si sia chiesto il ritorno alle urne. Ma chiedere lo scioglimento del Parlamento, va al di là della più feroce avversità.
In Sardegna, invece, capita anche questo. La Corte costituzionale ha bocciato la, per la verità, peregrina legge finanziaria che metteva in bilancio soldi al di là da venire. Non è una delle abbastanza consuete lesioni dell'autonomia speciale: semplicemente la riparazione di una lesione di norme che riguardano dal più piccolo comune fino allo Stato. Cosa grave, senza dubbio.
Ma tre oppositori del governo Soru, responsabile di quella legge, tre parlamentari di An, non si sono limitati - come era, starei per dire, loro obbligo - a chiedere le dimissioni di Soru e del suo governo. Hanno proposto al Presidente del consiglio di proporre a quello della Repubblica lo scioglimento del Consiglio regionale per violazione della Costituzione. Vero è che nell'attuale Statuto regionale è previsto che ciò possa accadere. Ma quella previsione dovrebbe essere abolita non invocata.
La nostra piccola autonomia è già di per sé sotto tutela e non ha alcun bisogno di super-tutele. Né è tollerabile che, in nome di una pur legittima opposizione al governo Soru, si chieda addirittura lo scioglimento del Parlamento dei sardi. Una corretta concezione dell'autonomia non dovrebbe permettere neppure di pensarlo.

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