domenica 24 maggio 2009

Attenti ai simboli. Monti Prama, per esempio...

di Franco Laner

Caro Giorgio Cannas e tutti i “Pintoristi”!
Vi leggo sempre con piacere, polemiche o meno.
Ognuno poi, dentro di sé, esprime una valutazione, sempre opinabile perché nessuno ha la verità, concetto seducente proprio perché non assoluto!
Sentendo che il luogo di ritrovamento delle statue di Monte Prama possa diventare luogo simbolico nuragico, invito alla cautela.
Faccio qualche esempio di simboli mal citati.
La scorsa settimana ho visto il logo dell’Ordine degli architetti di Sondrio. Chi si è occupato della doppia spirale, assai presente anche in Sardegna e definito “corna di ariete” o muflone ! sa che questo è un simbolo di fertilità, di divenire, ma è anche fallico e di penetrazione (contempla cioè un atto, in sintonia con la concezione ciclica del tempo cristallizzata nella simbologia nuragica). Ho scritto alcune cose su questo simbolo al Presidente dell’Ordine, concludendo che il simbolo potrebbe anche alludere al fatto che sia un “Ordine del cazzo”.
Un altro esempio. Un amico mi vuol sorprendere e mi fa vedere la taverna della sua villa dove ha usato travi di cipresso. Gli faccio presente che lo stesso Woitila ha voluto per la sua bara il legno di cipresso, legno dei morti per eccellenza del Mediterraneo. So che ha fatto togliere il cipresso!
Ancora? Un artigiano del Nord della Sardegna vende testiere per letto decorate con gli antropomorfi di Cheremule, che sembrano danzare. Di fatto la stilizzazione allude alle anime dei defunti, sia quando abbiano le braccia alzate, sia abbassate. Che impropria citazione!
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2 commenti:

Gabriele Ainis ha detto...

Guardi, a parte il sollievo per leggere (finalmente) un intervento sensato (col quale si può o meno essere d’accordo), Le vorrei far notare che il problema dei reperti di Monti Pramma è tutto fuorché quello dell’opportunità di sceglierli come simbolo di una pretesa ‘Sardegna Nuragica’.
Premesso che ci sarebbe da discutere a lungo su cosa intendere con ‘Nuragico’ (c’è una sostanziale lontananza tra il sentire comune e i tecnicismi della letteratura scientifica), Monti Pramma non è stato scelto come simbolo di identità sarda, ma è questa che si vorrebbe far derivare da quello.
Ciò avviene in virtù della mancanza di un riferimento culturale forte a quella sardità che si vorrebbe propugnare, come dimostra ad esempio questa ridicola necessità di inventare una storia falsa per poca voglia di studiare quella vera (tra l’altro ben più ricca e articolata, affascinante e degna di fatica).
Non si tratta di scelta di un simbolo forte, insomma, ma di presenza di cultura debole (nonché di poca propensione alla spremitura dei propri neuroni, se e quando si possiedano).
Ciò detto (e per certi versi paradossalmente) se si evita l’uso del termine ‘nuragico’ (foriero di confusione) e si sostituisce con ‘sardo’, io propendo per l’idea che il sito di Monti Pramma potrebbe essere una metafora accettabile della nostra attuale ricerca identitaria, sebbene adottarlo a tale scopo necessiti uno sforzo interpretativo non così evidente come si richiederebbe ad un simbolo efficace ed immediatamente riconoscibile. Si tratta infatti di riflettere su un periodo in cui, cessata l’era delle torri, si assiste allo sviluppo di un’interazione forte e inequivocabile con l’esterno, all’arrivo di forti impulsi culturali stranieri e, di conseguenza, alla necessità di interrogarsi sulla propria identità. Esattamente ciò che mi pare stia accadendo ancora oggi.
Va da sé, che nulla avrebbe a che fare con la gazzarra infame e gli insulti sollevati dalla propaganda politica di parte (di molte parti, per la verità) che, poco avendo da dire in termini culturali, si abbandona al chiasso per cercare consenso, in buona compagnia dei furbetti che speculano sulla buonafede altrui e nella confusione razzolano felici.
Però, ad essere sincero, preferirei meno simboli e più serietà, rigore, fatica (mica tanta in fondo, a volte è persino piacevole ed elimina le tossine), soprattutto voglia di studiare seriamente e chiedere alla politica un occhio più attento alla cultura e meno al folclore, che ci vorrà anche questo, e chi lo nega, ma senza quella è davvero poca cosa.
Se poi dovessi scegliere un simbolo forte, opterei per le corna di Ottana, le due ciminiere che hanno vomitato inquinamento per decenni: se un simbolo deve servire per interrogarsi e riflettere, ne vedo pochi di più adatti. Soprattutto potremmo riflettere su noi stessi, Sardi, e non ci farebbe male.

gigi sanna ha detto...

Caro Franco, ti risponderò al tuo indirizzo. E così a Pittau. Appena potrò. Sono molto impegnato con il Corso di Oristano e con l'esame di un nuovo documento (studiato da altri) che presto vedrai pubblicato su questo Blog. Nel frattempo ti prego di rivederti le simbologie geometriche 'nuragiche' di Santo Stefano di Oschiri che, naturalmente, conosci molto bene.
Tra qualche giorno spero di recarmi nel sito con G.Pala per esaminarle ancora meglio. Solo allora vedrò se sarà opportuno o varrà la pena di dire la mia in proposito (sui Giganti 'nuragici') A presto, con la stima di sempre.