giovedì 4 marzo 2010

Un silenzio sempre più rumoroso

Da quando, avantieri alle ore 16.19, in questo blog è comparsa la foto della ceramica di Pozzomaggiore, l'hanno vista, a questo momento (le 8 e 40 di oggi), 4.734 persone. Solo ieri sono state 2.364, il più alto numero di ingressi in un solo giorno da quando questo blog è nato. Questo per dire che “la stele di Pozzomaggiore” non è passata inosservata.
Il sistema di conteggio degli ingressi non consente di sapere chi sono i visitatori e, quindi, se fra di essi ci siano archeologi ed epigrafisti e non so, quindi, se si deve alla loro non conoscenza del fatto e della foto, il silenzio su una scoperta non banale. Certo, sono consapevole che mancano dati alla completa definizione di questa scoperta: non si conosce il contesto del ritrovamento, non si sa chi l'abbia trovata né dove si trovi, anche se chi ne ha parlato per primo, Leonardo Melis, ha scritto: “al momento non sappiamo se si trovi nello stesso museo del Comune, o in attesa di essere classificato se non tradotto nel museo archeologico di Sassari o conservato da qualche parte”.
Capisco bene che contesto e autore della scoperta siano dati importanti per chi dovrà, prima o poi, sistemare delle didascalie illustrative della ceramica esposta in qualche luogo pubblico. Capisco meno che si chieda dove si trovi oggi: la Soprintendenza e l'Università hanno a disposizione tutti gli strumenti e i mezzi per rispondere alla domanda. Ma non è questa la questione più urgente: impellente è sapere se esistono in Sardegna, oltre a Gigi Sanna che ha letto la ceramica, persone in grado di dire se quelli che vi compaiono sono sgorbi o segni di scrittura. Se no, che se ne trovi altrove nel mondo.
Come molti che qui scrivono, anche io sono stato rimproverato (ingiustamente) di non aver stima degli archeologi. Io ne ho, invece. Certo è che stima e considerazione non possono essere distribuite a scatola chiusa: nel mio piccolo, anche io vorrei avere una prova che siano ben riposte, che, cioè, ci possiamo fidare di loro, facciano o non facciano parte dell'Università o della Soprintendenza. Parlo, va da sé, degli individui, non delle istituzioni che hanno tempi poco compatibili con il diritto alla conoscenza. Un diritto neppure gratuito, visto che anche per questo paghiamo le tasse.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Pintore

io continuo a ritenere che qui il problema sia sempre lo stesso, e se si vuole un dialogo con un archeologo (non importa se un "grande" o un "piccolo") bisogna risolverlo.
Il silenzio è motivato credo dal fatto che non si può certo mettere bocca pubblicamente su una foto - ritagliata da un'altra - di un coccio di cui non si sa nulla.
Sicuramente esiste e ha una collocazione, ma cavolo che modi sono! E' chi propone una interpretazione, una ipotesi che deve sincerarsi di dove sta e dichiararlo ufficialmente nel suo testo, non sono gli altri che per crederci devono provare che esiste, questo in qualunque pubblicazione che si voglia definire scientifica!
E come se tornassimo ai processi antichi, finché non mi dimostri che sei innocente allora sei colpevole...mah

Questa volta il mio commento non è indirizzato a Sanna ovviamente, ma a Melis. E non è, mi creda, una questione di etichette nel museo, ma di credibilità scientifica generale.

Mauro Peppino Zedda ha detto...

Sarei curioso di sapere se il coccio in questione è già passato nelle mani di qualche archeologo, e se si da quando?

Mauro Peppino

shardanaleo ha detto...

"Questa volta il mio commento non è indirizzato a Sanna ovviamente, ma a Melis. E non è, mi creda, una questione di etichette nel museo, ma di credibilità scientifica generale."
04 marzo 2010 10.09
credo che la richiesta a Melis sia quella di dichiarare LUOGO e PROVVENIENZA dell'Oggetto. Se ho ben capito.
Che facce da C.!
Questo reperto è, come ipotizzato, nelgi scantinati del museo di Sassari, come è abitudine dei nostri ARCHEOBUONI, e adesso la colpa è di Melis che non dichiara dov'è, avendone parlato per primo.
Signori cari, questo atteggiamento non paga più. Io sono un DILETTANTE (lo dite voi no no?) se pur con studi forse superiroi a quelli di qualche TITOLATO FREQUENTATORE DI SCRIVANIE e SCANTINATI MUSEALI. Non ho DOVERI e NON SONO PAGATO per fare indagini. Es e le faccio le faccio per il mio piacere e per quello dei lettori. CHI è pagato per pubblicare eventuali risultati di ricerche?...
proprio una bella pretesa...
SIGNORI! Il documento esiste, questa è un'immagine pervenutami in forma anonima... se ritenete che sia un falso, DIMOSTRATELO. ma se non lo è NON SPETTA a me UFFICIALIZZARNE l'esistenza.
proprio una bella pretesa!
KUM SALUDE
SHARD.

riccardo serreli ha detto...

una curiosità: ufficialmente chi può prendere visione dei reperti giacenti nei magazzini dei musei?

zuannefrantziscu ha detto...

Caro Castangia
la "questione di etichette nel museo" era una mia maniera (mia non di Melis) provocatoria di segnalare come trovi ininfluente, in questo momento, sapere del contesto e dello scopritore. Quanto al problema della foto, lei ha ragione: ma in un blog, solo foto si possono pubblicare. E allora, ripropongo la questione in termini diversi: poniamo che la foto sia la maschera di un volto vero, lei - e altri - avrebbe interesse a sollecitare chi detiene il volto a mostrarlo o almeno a parlarne?
E' possibile, come ipotizza Melis, che il reperto sia "nelgi scantinati del museo di Sassari"? E se così è, trova normale che non se ne sia parlato? Vuole riconoscere a Melis il merito di aver tirato fuori dall'obblio qualcosa che era destinata a rimanervi? Il mio non è un retropensiero: è una amara constatazione, condita da un supplemento di irritazione e di amarezza sulla superficialità di comportamento.

Anonimo ha detto...

@shardanaleo

Non ho detto che credo sia un falso, non è questo il punto. Ma sapere dov'è, da che raccolta proviene, chi e come lo ha trovato e soprattutto dove è legittimo.
Che chi lo ha in custodia non se ne sia interessato d'accordo, non è certamente un fatto positivo - se è così - ma ciò non toglie che visto così non è una prova di niente.
Tantopiù che basterebbe che magari visto da vicino - non è detto ma poniamo il caso - le caratteristiche del coccio si rivelassero palesemente "tarde" per dargli tutt'altro valore.

Vede io non parlo di falsi e non dico che sono fesserie, dico solo che personalmente - e credo che vari archeologi la pensino allo stesso modo - non posso dare nessun valore a questo reperto, AL MOMENTO.

Lei fa una retorica molto facile e offensiva, ma quello che si chiede come sempre è chiarezza e precisione.

Se non riesce a sostenere poi il fatto che vari archeologi sardi siano offensivi e si comportino male sono problemi suoi, benvenuto nel club, vorrei vederla ad averci a che fare professionalmente! Ma vede questo qui non c'entra proprio nulla, e non è una giustificazione per offendere.

Anonimo ha detto...

@Zuannefranziscu

Intanto si deve sapere con precisione a quale archeolog è stato dato in consegna e poi si chiede a quell'archeologo dove ha riposto il materiale, questo non è difficile.

Poi Gigi Sanna fa una semplice lettera di richiesta - capirai essendo pure docente universitario dovrebbe essere una cosa normale - per prendere in visione da studioso epigrafista il coccio.

Se per caso gli venisse rifiutata questa possibilità allora sì che si può fare tutto il casino che si vuole, ma al momento sinceramente no.

E' facile dire che la Soprintendenza "nasconde" tutto. Ma se ad un archeologo gli danno una busta piena di cocci poniamo e lui li mette in magazzino, mica lui è obbligato a studiarli, o studiarli entro un termine, non è mica così che funziona.
Noi studenti per le nostre tesi mandiamo una lettera di richiesta al soprintendente e poi possiamo disegnare i nostri materiali. E' semplice.

Alfonso Stiglitz ha detto...

Caro Gianfranco,
penso che il tuo monito fosse rivolto anche a me e provo a risponderti. Sarebbe facile dirti che non vivo nel blog e che la mia frequentazione è sporadica, non per cattiva volontà ma per effettivi problemi di gestione del tempo; sono anche impegnato a completare due testi per atti di convegni con scadenze ormai agli sgoccioli (in uno tra l’altro riprendo in mano e amplio la lettura che diedi tempo fa dello scarabeo di M. Prama) e a differenza degli scoop continui, scrivere un testo scientifico presuppone una serie infinite di verifiche che dilatano i tempi.
Quanto al reperto per l’aspetto epigrafico devi rivolgerti agli epigrafisti e non agli archeologi, personalmente nella prima riga ci leggo MRD. Mentre se proprio volessimo leggerci un alfabeto orientale avremo ŠHD (con lo shin rovesciato; e quello che sembra una R può indicare sia un He che un Het), ovviamente presupponendo una lettura da sinistra a destra. Ma non vado oltre.
Quanto agli altri segni, dalla foto non è chiaro se la trascrizione al lato sia fedele o interpretativa. Ti suggerirei anche di proporre una lettura a un epigrafista latino esperto di corsivo; così tanto per toglierci i dubbi.
Dal punto di vista archeologico, lasciando da parte fantasiose Ziqqurat, concordo pienamente con Giandaniele, la foto è insufficiente per determinare natura e cronologia del supporto, che dovrebbe essere il primo elemento da verificare. Per poter esprimere qualcosa di serio bisognerebbe averlo in mano e, in alternativa, ma la qualità del parere diminuisce, avere foto del retro e, soprattutto delle fratture, in particolare di quella recente che taglia in due il pezzo; questo fornirebbe informazioni precise per un archeologo. E questo prescindendo da contesto, fatto di non poco conto.

Alfonso Stiglitz ha detto...

Dott.ssa Losi
Lei che certamente è più esperta di me in scritture orientali conoscerà sicuramente le tabelle dell'evoluzione delle forme della scrittura fenicia, pubblicate ad esempio da Garbini, e avrà notato che nella scrittura tardofenicia lo H e lo Het sono rese con una R rovesciata.
Personalmente, comunque, propendo per lettere latine: MRD.

el-pis ha detto...

Ricordiamoci che i fiori più belli nascono dal letame