mercoledì 7 luglio 2010

E Menir mi venne in sonno

di Efisio Loi

In questo piovoso e freddo inizio estate, di cose ne sono successe e tante. Alcune erano già in pool da qualche tempo; altre sono sembrate manifestarsi all’improvviso. Campeggiano la crisi del sistema economico, globale possiamo dire e capitalista, e un mondo in tumultuosa crescita, fino a non molto ad esso avverso, su cui si appuntano, roba da non credere, le speranze  della ripresa dell’Occidente.
La vecchia e stanca Europa che cerca di porre rimedio al disgregarsi di un’aspirazione originariamente potente, con i pannicelli di una tecnocrazia senz’anima. I Valloni che guardano in cagnesco i Fiamminghi; i Cechi che si separano dagli Slovacchi; la inventata Jugoslavia che riprende l’antico cammino di etnie in guerra; il Regno Unito che tende a disunirsi; i Baschi che riprendono bombe antiche, ma non troppo; i Catalani e gli Aragonesi che rivendicano un loro status e una lontana gloria; i Padani che vogliono scrollarsi di dosso il resto d’Italia, con un occhio verso la Mitteleuropa.
E la Sardegna? Per non essere da meno rinverdiscono antiche fronde di alberi diradicati, in un contesto in cui ognuno tende a salvaguardare sé stesso, magari combattendo guerre per conto terzi, in un rintocco continuo di Alcoa, Portovesme, Macchiareddu, Ottana, Portotorres, La Maddalena; rintocco sbatacchiato in lungo e in largo dal vento delle pale, per l’appunto eoliche.
E se il tutto non bastasse, qui da noi, si difendono anche le briciole di un potere baronale screditato ed infingardo, con il nepotismo, la cooptazione, il dileggio e, per finire, con l’intimidazione nei confronti di chi non fa altro che coltivare con studio e con passione un bel sogno di libertà.
Non riuscivo a prender sonno e simili pensieri da vecchio rincoglionito continuavano ad agitarsi fra i miei neuroni sempre più poveri di sinapsi.
Mi ero da poco appisolato, quando, sul far dell’alba, ‘intre-billa-e-sonnu’, mi si presenta una figura che, a tutta prima ho scambiato per Norace, il nuragico che già un’altra volta era venuto a visitarmi. Non poteva essere lui, l’abbigliamento non consentiva errori. Quanto Norace era fantasmagorico nei colori, da richiamare alla memoria gli Aztechi, quanto questo era tenebroso e oscuro da sembrare affumicato. 

Leggi tutto

4 commenti:

Mauro Peppino Zedda ha detto...

Salludi Efisiu,
e ti paridi manera de sonnai!
De su paleoliticu finzas a is giudicausu, troppu longu! Mi paridi ka as fattu unu sonnu troppu accellarau!!
prova a du torrai a sonnai a pagu a pagu chistioni po chistioni!
assibiri

mauro

PS: chi a menir o a norace dusu attoppias notesta puru , prova a dis pregontai ita di pensanta de s'idea de Ugas a propositu de sa sua ipotesi a pizzus de sa funzioni de is nuraxis

Grazia Pintore ha detto...

Signor Efisio,invece,continui a sognare,magari restando,de prusu,dae su mundu de Norace,che in custu modernu nostru,su tempu de Norace depiata essere,macari prusu duro ma,di sicuro,meno corrotto.Appo chircau di iscriere in limba ma tottu non l'isco,scusatemi.Voi,che sapete bene il sardo,scrivete di più,è così bella la nostra lingua e,poi,egoisticamente,imparo prima.

elio ha detto...

@ Atropa
rivisita il tuo post sui "due soli" per un'altra faccenduola. Su quanto potesse succedere nel mondo attorno al 3000 a.C. speravo nel tuo aiuto.

@ Grazia Pintore
i sogni possono essere una consolazione, ma sarà bene svegliarsi. Per quanto riguarda la lingua nostra le dedicherò "il primo giorno della creazione", se Gianfranco vorrà ancora ospitarmi.

@ Mauro P.Z.

a nosu no at a mancar'ocasioni de si chistionari. De is ideas de Ugas po su chi tocat a s'impreu de is nuraxis, mi parit ca ne Menir ne Norace non ndi 'ollant mancu sa 'ntendida.

Giuseppe ha detto...

@ Efisio Loi
Complimenti per il Menhir che diventa Mariano e poi M.M., per le due Sardegne, per il Sarcidano in antitesi col resto dell'Isola e per la cesura causata dall'arrivo del Neolitico che cambia il piano inclinato della storia.
Avvisi in anticipo quando torna M. M., non vorrei proprio perdermi le "altre cosette"!
Salutoni

Giuseppe Mura