sabato 3 luglio 2010

Qui stavano gli Shardana

La seconda parte del saggio sugli Shardana. Vedi la prima



di Giovanni Ugas

Riprendendo e analizzando le ipotesi formulate dall’amico Adam Zertal, credo opportuno esprimere qualche considerazione sulle vexatae quaestiones della terra d’origine e della riconoscibilità archeologica degli Shardana, nei centri del Vicino e Medio Oriente in cui prima operarono per conto degli Egiziani e poi si stabilirono per conto proprio.

Al servizio dei faraoni - L’identità e i segni della presenza degli Shardana nel Vicino e Medio Oriente necessariamente vanno cercati attraverso le informazioni archeologiche che scaturiscono dagli scavi, ma allo stato attuale delle ricerche non emergono elementi della cultura materiale particolarmente evidenti e pertanto è opportuno ricorrere ancora soprattutto alle testimonianze scritte e iconografiche relative ai paesi in cui essi prima operavano per conto dei re egiziani e appresso si insediarono dopo averli occupati per se stessi.
Occorre dire subito che la storia degli Shardana inizia già nel XV secolo. Con essi, infatti vanno identificati, senza indugi, gli inviati delle “Isole nel cuore del Verde Grande” raffigurati negli affreschi dei monumenti tebani dei visir Useramon, Senmut e Rekhmira mentre recano prodotti di prestigio per Tuthmosis III e Amenofi II.3 Infatti, tra le genti delle Isole, gli Shardana sono i primi ad essere menzionati nei testi di di Ugarit e di el Amarna (riconducibili al più tardi ai tempi di Amenofi IV, e anche i soli che, per circa 150 anni, ricorrono nei documenti egiziani sino al tardo XIII secolo (regno di Meremptah). Inoltre, le caratteristiche fisiche delle genti delle Isole (colorito rosso bruno, profilo spesso sfuggente della fronte e del mento, sorriso), alcuni capi d’abbigliamento e armi (gonnellino corto o lungo a punta, spada a lama larga triangolare ed elsa a pomo lunato), sono peculiari anche degli Shardana immortalati più tardi nei monumenti che celabrano le imprese di Ramesse II e Ramesse III.

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5 commenti:

Pierluigi Montalbano ha detto...

Ecco che salta fuori Rekmire, e il discorso che ho inserito ieri. E' troppo importante il nodo keftiu: è il nocciolo del Mediterraneo intorno al XVI-XIV a.C. E' la cerniera fra vecchio e nuovo mondo.

Gigi Sanna ha detto...

Ti leggerò tra una settimana o un mese. E vedremo il 'nodo', il 'nocciolo' e anche la 'cerniera'. Va bene Pierluigi? Quando anche tu avrai finito di studiare, come dici, ciò che con il suo notevole saggio propone Giovanni Ugas!
Porca miseria che non lo capisca!
E comente ti du depo narrere! Mi ses istorronande! Ses un amigu ma unu dolore 'e conca puru. Po non narrere ateru!

giovanni ha detto...

Col convegno di Carloforte di qualche giorno fa sarebbe iniziata la stagione delle crepe sul muro o muraglia. Ed ecco quasi in simultanea il saggio del professor Ugas. E che saggio, accidenti!
Sardi/Shardana/Nuragici/ Guerrieri/Navigatori e altro ancora. E così quelli che ancora, pure con scritti, favoleggiano e mitizzano sui sardi antichi sono sistemati. Comunque un saggio storico, accademico, di grandissimo rilievo. Si vedranno gli sviluppi, sul piano della ricerca e delle tesi presentate. Ma esiste un'angolatura di visuale da cui guardare a questo saggio e alla pubblicazione della bella notizia su questo blog, nel tempo della strategia delle crepe? In questo caso bisogna riconoscere ci troveremmo difronte a una crepa molto precoce, acclarata addirittura da un articolo apparso sul Corriere della Sera del 11/12/1997 a firma Cremonesi Lorenzo, in cui si parla di Zertal e della collaborazione di Ugas e Università di Cagliari. Non per essere fissato col muro e con le crepe, ma, che strana coincidenza, "Ahwat" in arabo significa muro.
Il saggio, come sempre succede in questi casi,indica dei punti ancora oscuri che gli sviluppi della ricerca dovranno approfondire e chiarire. Io però, da semplice cittadino interessato alla storia e alla cultura della mia terra, ho potuto notare l'assenza totale dell'opzione, o almeno potenziale opzione, del nuraghe tempio. Mi rendo conto della pericolosità, nonché della scivolosità di questo terreno,che porterebbe, va da sè, dritto dritto alla scrittura.
Che si stia preparando una grossa crepa sulla scrittura,il nuraghe tempio, Yhwh e il monoteismo?
In questo caso ci troveremmo forse difronte ad apritori di crepe coincidenti con i costruttori del muro? E chi lo sa. Sono convintissimo però che per costoro, anche se studiosi serissimi, si tratterebbe di un lavoro immane, abbisognoso del tempo necessario, in quanto si avrebbe a che fare....... con testi scientifici! gia editi e a disposizione dell'universo mondo.

giovanni ha detto...

Ps
Ovviamente ho inteso parlare di operazione immane, per non dire impossibile, per gli apritori di crepe, anche eventualmente costruttori del muro, che volessero ignorare i testi scientifici già editi e a disposizione dell'universo mondo. Nel caso contrario invece aprire la crepa sarebbe semplicissimo e volendo anche immediato.

Grazia Pintore ha detto...

Mi piachete "mi sese istorronande" di Gigi Sanna nella discussione con il Signor Montalbano,non capisco questa disamina tra due persone colte,perchè non so molte cose sui Shardana,ma mi affascinano le vostre discussioni e,nel frattempo,cerco di colmare la mia enorme ignoranza.Voi continuate a "istorronarvi" ed io a bellu,a bellu imparo