lunedì 4 aprile 2011

Zattere, torri e carcere. E lo scandalo continua

di Augusto Secchi

Non c’è niente da fare: per avere ascolto bisogna incatenarsi a un cancello o issarsi su una gru. In alternativa si può bivaccare per un mese su una torre. Se i mesi sono tre, e la torre è aragonese, le probabilità d’essere ascoltati salgono vertiginosamente. La cosa migliore, ma non è cosa certa, è quella di rinchiudersi per sette anni nell’ex carcere dell’Asinara, possibilmente a digiuno. Un anno e trentaquattro giorni - e magari avendo l’impudenza di fare colazione, pranzo e cena - è stato provato empiricamente sulla pelle dei cassintegrati del Vynils, non basta. E non basta neppure scrivere un libro corale, e accorato, che parli del loro dramma e del dramma vissuto dalle loro famiglie.
Se poi uno soffre di claustrofobia o di vertigini, deve limitarsi a scrivere ad un giornale o a un blog per non farsi venire travasi di bile che sono sempre dietro l’angolo. Ovviamente anche questo, di per sé, non è sufficiente. Il giornale e il blog devono avere anche direttori che pubblichino quello che si scrive. È il mio personale caso: dopo quattro interventi sui vergognosi aumenti dei biglietti applicati dalle compagnie di navigazione sono giunto al quinto. Mi piacerebbe parlare anche d’altro, a dire il vero. Parlare dei miei alunni, ad esempio, delle loro domande sulla limba sarda che a loro parere gli è stata rubata, parlare del bellissimo intervento di Michela Murgia sugli intellettuali silenti che non merita certamente il silenzio. Ma non c’è niente da fare: appena esco da casa vengo circondato da persone che mi riferiscono i loro disagi: “ma lo sai che un’intera comitiva di fiorentini ha disdetto la prenotazione nel mio albergo? Ma lo sai che quest’anno non ho affittato neppure per quindici giorni? Ma lo sai che quest’estate mi devo grattare la pancia perché nessuno mi ha chiamato come stagionale?”
E siccome non bastano le lamentele di persona me ne sono giunte una caterva via mail, compresa una di un tale che, in un gesto estremo di protesta, cercherà di fare la traversata su una zattera di bancali e bombole. Per tirare un po’ il fiato, e non diventare monotematico, mi sono barricato in casa e ho deciso di non aprire più la mia casella elettronica. Quando io e la mia bile eravamo tranquillamente stravaccati sul divano mi è arrivato questo messaggio di un collega: “Caro Augusto, ti scrivo perché quest’anno io e la mia famiglia non possiamo rientrare a casa per le vacanze pasquali. Mio padre non sta bene e sicuramente avrebbe avuto piacere di vedere me e, soprattutto, sua nipote che ha compiuto proprio oggi un anno. Ti giuro che mi dispiace da morire, ma davvero non posso. Una traversata che prima costava duecentottanta euro oggi mi costa quasi seicento euro. Ti sembrerà strano ma lavorando solo io non posso davvero permettermi questo lusso”.
Ed è stato proprio alla parola “lusso” che ho pensato che il divano, la limba e l’articolo su Michela Murgia potevano attendere. Perché se in una Italia una e indivisibile prendere una nave per le vacanze pasquali è diventato un lusso c’è qualcosa che non quadra. E quelli che nel lusso ci sguazzano devono capirlo, così come lo devono capire i nostri politici pigri e silenziosi e gli armatori come Vincenzo Onorato che, a parole, dicono di amare quest’isola da generazioni. E se non lo capiscono con i primi quattro interventi che sono stati completamente ignorati, lo capiranno, spero, con questo. E se non lo capiranno neppure con questo ce ne sarà un sesto e, chissà, un settimo. Giornale, blog e direttori permettendo, s’intende. Ma, almeno su questo, sono fiducioso.

6 commenti:

maimone ha detto...

Il fatto é che noi siamo sardi: pocos, locos y mal unidos. Siamo anche l'ultima periferia dell'impero e nessuno si cura di noi. A mio avviso, la colpa é fondamentalmente nostra che non abbiamo mai imparato a farci rispettare, mantenendoci sempre uniti davanti alle vessazioni del potere politico-economico-mediatico padano-centrico. E così siamo sotto il continuo ricatto del primo scafista che passa. Si sa che morta la Tirrenia se ne fa un'altra. Spacciati per turista milanese. Protesta che quest'estate non potrai recarti nella tua casa in Sardegna per goderti le strameritate vacanze (le vacanze dei milanesi sono sempre sacrosante). Verai che riceverai più attenzione di un milione e mezzo di sardi.
Scusa il sarcasmo.

Adriano ha detto...

Il primo aprile siamo tornati sul tema dei trasporti: http://www.sanatzione.eu/2011/04/flop-trasporti-costo-traghetti-flotta-sarda-antitrust-e-crisi-meridiana-ma-lindipendentismo/

Ormai è palese che tutti abbiano una dose di responsabilità in queste circostanze, incluso il silenzio dei cittadini, che forse sono assuefatti dall'autereferenzialità della politica al punto di scordarsi di esercitare il legittimo diritto democratico della critica.

Bomboi Adriano

Grazia Pintore ha detto...

Signor Maimone le sue parole sono talmente giuste che non c'è da aggiungere altro.Mi chiedo solo.quando impareranno i sardi a farsi rispettare?

maimone ha detto...

Signora Grazia

si ricorda dei pastori sardi a Civitavecchia? Presi a calci nel sedere e rispediti indietro. I pastor, in quell'occasione, hanno fatto un grave errore. Dovevano camuffarsi da allevatori padani, oppure da pastori delle valli orobiche. Sono sicuro che nessuno li avrebbe mazziati.
Lasciando a parte il sarcasmo, io credo che la colpa é tutta nostra. Noi sardi siamo tutti nella stessa barca (l'isola), con gli stessi problemi, ma ci muoviamo sempre in ordine sparso (se ci muoviamo, il che é raro). E' chiaro allora che tutti se n'approffittano.

Grazia Pintore ha detto...

Anche questa volta signor Maimone le dò pienamente ragione e sono veramente dispiaciuta per questa situazione che danneggia enormemente l'economia sarda e ,purtroppo,sono sicura che questi benedetti sardi tosturrudoso non si decideranno ad unirsi e combattere per la soluzione di questo grave problema.

augusto secchi ha detto...

Ringrazio Grazia, Adriano e Maimone per l'attenzione e per i commenti che condivido. Il vero problema è che troppo spesso ci siamo accontentati delle briciole che cadevano dalla tovaglia o meglio che altri, in forma di regalia, facevano cadere. Una di queste, a mio modesto parere, è l'espressione "continuità territoriale". Espressione vuota e desueta con la quale ci hanno abbagliato e tenuto buoni, come cani alla catena. un saluto a tutti