venerdì 31 agosto 2012

La Signora in giallo

di Stella del Mattino e della Sera

Dove arriva lei spunta il mistero. Una navicella fantasma a Teti, uno scarabeo nel ripostiglio di S’Arcu e is Forros che è lì in modo “inconsueto e inspiegabile” (1). Scritte indecifrabili al nuraghe Nurdole (1). Una Tanit più vecchia dell’epoca Cartaginese (1) (aiuto! vuoi vedere che quel simbolo è più antico??!! noooooo).
A un certo punto non ce la fa più e chiede aiuto ad un epigrafista di fama universale. Che invece di dipanare la nebbia la infittisce (gli epigrafisti son fatti così). Allora ecco che a S’Arcu e is Forros spunta un’anfora Cananea, in mezzo a un po’ di pentolini Nuragici, con una bella scritta di quelle lunghe lunghe. L’Epigrafista la decifra così:
1. segni incisi dopo la cottura (dove e quando? non si sa) su un’anfora Cananea dell’ VIII sec. a.C.
2. I segni sono Filistei e Fenici
3. Un segno (e dico ben un segno signori!) uguale ad un segno presente su un ostrakon di Ascalona, una città Filistea
4. Scrittura indecifrabile
5. Indica forse la matrice linguistica del protosardo (ma perché, se è Filistea, Fenicia e indecifrata?)
Certo che quella scritta è incasinata forte! altro che i mix di Sanna, le fanno un baffo.
Tanto che c’è, il duo vuota il sacco e confessa anche che a S’Arcu e is Forros c’è una lima Nuragica con un paio di letterine incise e sul muro esterno del nuraghe Nurdole ci sarebbero 4 segni di scrittura in fila, che l’Epigrafista non è in grado di leggere. Però, udite, udite, vuole dire che i Filistei erano presenti quando il nuraghe fu costruito! Ma che….? A Nurdole poi c’è un’altra bazzeccola di uno scarabeo Egizio col nome di Amenhotep III e la crittografia di Amun, con un amuletino con segni di scrittura senza significato (sarà Filistea?).  Signora in Giallo: tanto che c’era gliel’ha fatta vedere al professore la navicella scritta?
P.S.: per me in quella scritta sul caraffone Cananeo ci hanno infilato un pugnaletto Nuragico, per fare casino e senza significato (freccia rossa)

(1) M.A. Fadda, S'arcu 'e is Forros, Nuragici, Filistei e Fenici fra i monti della Sardegna (con scheda di Giovanni Garbini), Archeologia viva, n.155 settembre-ottobre 2012, pp.46 -57

giovedì 30 agosto 2012

Rayaniar faeddat in sardu puru


Su Comitadu pro sa limba sarda l'at torradu gràtzias oe a su Cumandante de Rayanair chi bolende sas dies coladas cara a Casteddu at impreadu sa limba sarda, in prus de àteras limbas, pro lis dare informos a sos passigeris chi ant agradèssidu meda. Su videu, giradu dae unu de sos biagiadores, at fatu su giru de s'Internet e a chie no l'at galu bidu l'agatat inoghe e totu. Cumbidende a Rayanair a la sighire gasi in totu sos bolos chi interessant sa Sardigna, su Comitadu pro sa limba sarda proponet a su Consìgiu regionale de faghere a manera de imperare s'impreu finas de sa limba sarda a totu sas cumpangias, aèreas, maritimas chi siant, ponende·bi in mesu, craru, sa regionale e sa privadas de postales chi biàgiant in Sardigna.
Su comunicadu de su Comitadu est inoghe.



Miniere, Alcoa e altri segni di coma


L’agonia della industrializzazione in Sardegna ha ripreso le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali. Ora tocca alla miniera di Nuraxi Figus, ieri all’Alcoa, prima alla Vinyls e prima ancora alla petrolchimica di Ottana. Fra l’uno e l’altro dramma, una miriade di fallimenti nell’industria tessile, in quella estrattiva (qualcuno ricorderà pure l’infamia della miniera d’oro di Furtei) e in quella edilizia. Figli della mala sorte, questi fallimenti? No, ma neppure figli solo della politica che di questi e di futuri disastri è responsabile insieme ai sindacati, ad una imprenditoria compradora e di una intellettualità impastoiata nella retorica industrialista  e incapace di esercitare la critica. O meglio, critica sì, ma nei confronti delle poche voci avverse, accusate di essere nemiche della classe operaia e delle sue magnifiche sorti e progressive.
I partiti italiani, tutti senza eccezione e con a volte la complicità del Partito sardo, hanno nel passato condiviso e fatto digerire ai sardi la monocultura petrolchimica e, quando questa cominciò ad agonizzare, stanziarono una quantità enorme di denaro per prolungare questo coma irreversibile invece di elaborare un progetto per la fuoriuscita non traumatica dalla crisi. Se la politica ebbe gravi responsabilità, non minori furono quelle degli altri segmenti della classe dirigente sarda. La incapacità di avere visioni autonome da quelle proprie delle rispettive centrali statali, fece sì che le imprese più truffaldine in circolazione potessero far nido in Sardegna con il finanziamento della mano pubblica. Colpa di partiti incolti e etero-diretti, certo, ma non si è mai sentita una voce critica da parte dei sindacati, degli imprenditori. Solo a truffa avvenuta e solo per l’intervento della magistratura si è “scoperta” una faccenda lampante.
L’Alcoa, una delle industrie più affamate di energia in una terra dall’energia carissima, è a rischio chiusura da almeno tre anni. Tre anni perduti nella irresponsabile corsa ad illudere i lavoratori che ne fosse possibile salvezza e rilancio. Persi, dico, perché in tre anni si sarebbe dovuto e potuto trovare una via di uscita non per conservazione di quel “posto di lavoro” ma per la sicurezza del lavoro. Fra qualche giorno, a Roma la questione dell’Acoa sarà al centro di un incontro che dovrebbe affrontare anche quella, davvero disperata, della miniera di Nuraxi Figus (Nuracsi, come pronunciano irritanti annunciatori televisivi, tanto pieni di sé da neppure informarsi). Se per la fabbrica d’alluminio, qualche speranza di prolungamento d’agonia c’è, per la miniera del Sulcis pare proprio di no.
D’accordo con l’amico Vito Biolchini: Io sto con i minatori, ma non con la miniera. La Sardegna chiuda definitivamente con il carbone: perché il vero sviluppo sta altrove. Meno con il suo j’accuse unilaterale contro la politica. Che, ripeto, ha enormi responsabilità, soprattutto di subalternità e di dipendenza. Ma che ha buona compagnia nei sindacati impegnati quasi esclusivamente a scaricare sulla politica responsabilità sue proprie. E ottima compagnia in quel ceto intellettuale che si è cullato nella mistica industrialista e operaista e che oggi sogna il giorno in cui potrà dare spallate.

mercoledì 29 agosto 2012

L’evento della luce dei fori apicali del nuraghe Ruju di Torralba

Nuraghe Ruju di Torralba
del Gruppo Ricerche Sardegna 

Come sappiamo i nuraghi sono considerati, dalla maggior parte degli archeologi, delle strutture di carattere militare; eppure in questi ultimi anni la loro unica funzione di fortezza è venuta meno, sostituita gradualmente da altri ruoli, come quello di magazzini o residenze reali.
Pochissimi cattedratici hanno ipotizzato che fossero templi, il più noto fra questi è sicuramente il Prof. Massimo Pittau. Sono ormai storici gli studi di Carlo Maxia e Lello Fadda, tra i primi ad aver portato come prova della funzione del Nuraghe-Tempio, i singolari eventi che accadono periodicamente all’interno di questi monumenti. Furono proprio questi due studiosi ad aver messo in evidenza il singolare evento da noi chiamato “fenomeno della luce dal foro apicale”. Gli eventi all’interno del nuraghe Aiga di Abbasanta, e del nuraghe Biriola di Dualchi furono da loro scoperti. A questi due casi si sommarono quello del nuraghe Is Paras di Isili (Zedda 1992) e altri due casi, l’Ola di Oniferi e il Nani di Tresnuraghes. Quest’ultimo da noi studiato e reso noto, assieme ad un accurato studio su altri eventi analoghi, nel libro “La luce del toro” (G.R.S Gruppo Ricerche Sardegna, PTM 2011). 
L’evento in questione si verifica quando il sole, nei giorni del solstizio d’estate, raggiunge una determinata altezza. In questo giorno così particolare è possibile ammirare uno degli eventi più sbalorditivi che animano queste antiche torri. Un sottile raggio di luce penetra attraverso il foro ricavato dagli antichi costruttori all’apice della cupola costruita all’interno del nuraghe. Tale raggio attraversa tutta l’ampia volta e va ad illuminare (se presente) la nicchia in sala, oppure la base della camera (Is Paras di Isili). [sighi a lèghere]

martedì 28 agosto 2012

Notizie false e fascismi veritieri

Circola da più di un mese nella Rete una notizia (IL COMUNE DI ORGOSOLO INTITOLA UNA STRADA AL DUCE) del tutto inventata dal gestore di un blog, Er blog der gatto col sombrero. Benché totalmente falsa, la notizia ha suscitato indignate reazioni di condanna, altre di incredulità e altre ancora di entusiastico sostegno alla dedica a Mussolini di una via orgolese, intitolazione che, naturalmente, non c’è mai stata. È una vicenda, questa, che dà da pensare a quanto possa la comunicazione attraverso l’Internet: un bufala, costruita attorno ad una falsa notizia e condita con una falsa intervista con il sindaco del paese e con una altrettanto falsa dichiarazione di un giovane militante dell’Anpi, continua a fare opinione e a suscitare dibattito fra “fascisti” e “antifascisti” di varie località. Quel blog imbroglione ha a suo modo mostrato come, sia pure in scala ridotta, si possa indirizzare e dirigere un dibattito sul nulla.
Ma è proprio il nulla? Da qualche giorno il termine “fascista” è tornato a circolare sui media come categoria dell’insulto, per via dell’epiteto regalato dal segretario del Pd a un altro uomo politico, Grillo. Si ricorderà che anche negli anni scorsi, l’anatema “fascista” fu largamente usato insieme allo speculare “comunista”. Il primo lanciato dalla sinistra contro Berlusconi, il secondo dall’ex premer contro il Pd. Allora l’intellettualità progressista e gran parte dei media – pochissime le eccezioni – strizzarono l’occhio.  Dall’altra parte della barricata, altrettanto fecero i non molti intellettuali e media di destra ammiccando agli strali lanciati da Berlusconi.
Sembrava, allora, normale dialettica politica, nell’edizione becera che della dialettica si andava affermando. E, infatti, le reciproche enfasi non suscitarono grandi discussioni. Diversamente da quanto avviene ora, quando gli insulti (fascista, zombi e altre piacevolezze) sono scambiati all’interno di quello schieramento che fu definito anti-berlusconiano e che con una approssimazione molto lasca è oggi definito di sinistra.
Che Grillo e Di Pietro utilizzino (oggi contro il Pd, ma ieri contro il berlusconismo) gran parte dell’armamentario tipico dei partiti totalitari è fuor di dubbio. Ho dubbi sul fatto che questo armamentario sia solo fascista e non, come mi sembra, anche comunista. L’evocazione dei morti viventi è tipica della cultura fascista, ma il bollare di fascista chi è dall’altra parte è parte integrante di quella comunista, quella che inventò l’epiteto di “pidocchi” a favore di intellettuali dissidenti. Se da quella parte dell’orizzonte politico italiano il marasma è completo, la parte opposta certo non sta meglio se, alla fine dei conti, dovrà ricorrere a Berlusconi per presentarsi al voto, l’anno venturo.
Quel che mi domando è che ci stiamo a fare da sardi in quella piazza politica. Non ho certo intenzione di dare a quel blog più importanza di quel che ha. Ma se una notizia falsa come il demonio, nata a tavolino in qualche parte della penisola, riesce a scatenare anche da noi una discussione infuriata su Mussolini e il fascismo, vuol dire sì che ormai la Rete non ha frontiere, ma anche che la dipendenza culturale fa più danni di quanto si possa pensare.

venerdì 24 agosto 2012

Macchè lotta allo spreco: la guerra è alle regioni speciali


Sostengo da tempo che le vestali dell’anti-casta utilizzano la sacrosanta battaglia contro gli sprechi nella amministrazione pubblica per scopi assai meno nobili. Del resto non hanno mai nascosto quale fosse il loro obbiettivo: riaccentrare nello Stato competenze e funzioni che persino una Costituzione unitarista ha dovuto delegare verso il basso: regioni, province, comuni. Non lo hanno nascosto, ma gran parte di noi ha fatto finta di non accorgersene. Persino chi non fa mistero delle proprie simpatie indipendentiste, sovraniste o solo federaliste ha creduto che, per fare un esempio, la guerra contro le province fosse davvero uno strumento per razionalizzare la spesa pubblica e, addirittura, per cominciare a debellare la casta politica.
L’abolizione delle province – misura sacrosanta se avesse comportato la contemporanea abolizione delle prefetture e, dunque, del dominio del Governo centrale sugli enti locali – è solo un grimaldello per riaccentrare poteri. Il risparmio c’entra assai poco ed è comunque un effetto collaterale. Quel che i neo bonapartisti  vogliono è un processo di concentrazione di tutti i poteri in capo allo Stato, ripercorrendo il cammino di “piemontizzazione” iniziato nel 1861, continuato durante il fascismo e interrotto nel secondo dopoguerra. Non è un caso che gli stessi vati anti-casta si scaglino contro le lingue delle minoranze non protette da trattati internazionali. Il preteso è che si spendono denari per tutelarle, spese inutili, sprechi. Una emerita stronzata, quasi che la lingua del Governo italiano non utilizzasse una marea di denaro per autotutelarsi e autoriprodursi. Il passo successivo era nelle cose e nelle cose infatti è: l’assalto alle regioni e, soprattutto, alle regioni speciali. Hanno ragione Adriano Bomboi scrivendo che questi attacchi sono il segno di una profonda incultura politica e Roberto Bolognesi, invitandoci a prepararsi al peggio.
Fino a qualche tempo fa, gli assalti alle autonomie, comunali, provinciali e regionali, sono stati, per così dire, impliciti, detti sotto voce. La politica del Governo Monti contro le autonomie e, ultimamente, contro le lingue ha dato animo a questi neo giacobini e soprattutto ai due loro portavoce che hanno fatto nido nel più importante quotidiano italiano: Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Il primo un tantino più eufemista del secondo che ieri ha finalmente rovesciato sul Corriere della Sera tutto il suo carico di ideologie vetero-stataliste. Un vera summa di stereotipi giacobini, che, se diventassero davvero linea di governo, aprirebbero alla Sardegna (e alle altre nazionalità della Repubblica) un’unica strada: quella del distacco dallo Stato italiano.
Rizzo non solo se la prende con la sinistra per la riforma del Titolo V della Costituzione, a suo parere troppo autonomista, ma caldeggia “l'unica proposta sensata che può rimettere l'Italia in carreggiata, ovvero una revisione radicale del ruolo e delle funzioni delle Regioni. A cominciare dall'abolizione degli statuti speciali”. Se così fosse, se – voglio dire – questa non fosse solo una mattana agostana, ma fosse la raccolta di piani di palazzo, alla Sardegna non resterebbe altro che mettere in cantiere con urgenza un progetto non più di Statuto di sovranità ma di Costituzione di stato indipendente. Mentre i partiti italiani nell’Isola, anche quelli che sembrano più aperti a un processo sovranista, cincischiano, persino votando la fiducia a chi ci discrimina su base nazionale, la cultura italiana dominante sogna un ritorno ad un centralismo totalizzante. E poco male se lo sognasse solo: sta regalando ad una politica allo sbando una elaborata piattaforma ideale e culturale per una azione concreta.
È vero che, tutto sommato, con tutti i loro difetti e meschinità, i ceti politici sono meglio dei ceti intellettuali, ma non sarebbe male che in Sardegna riflettessimo con attenzione su quanto questi ultimi vanno partorendo. Non vorrei che ci trovassimo, del tutto impreparati e con disperazione, a dover reagire agli esiti di questa nuova ventata di depresso giacobinismo. 

mercoledì 22 agosto 2012

Calendari Nuragici LuniSolari

di Giancarlo Melis

A fine giugno di una decina d'anni fa, poco dopo le sei del mattino durante l'ora della mia corsa quotidiana, dopo aver terminato una salita, lo sguardo spaziava in direzione dei monti verso ovest. Una grande luna piena occupava l’orizzonte. Bellissima, quasi incredibile nella sua magnificenza - pensavo – mentre continuavo ad osservarla prima di affrontare un altro tornante alla mia destra. Svoltando, il mio stupore non venne a mancare perché di fronte a me vi era il grande disco solare da poco sorto che si stagliava enorme nel cielo. Volgevo lo sguardo alternativamente ad est e ad ovest per osservare i due astri fronteggiarsi per un fugace momento nel loro pieno splendore(1) e il mio pensiero fu: "Iside è riuscita a ritrovare tutti i pezzi del suo sposo e a ricomporre Osiride." 
Una domanda mi posi allora: I nuragici conoscevano la misura del fallo di Osiride? Conoscevano cioè quel segmento/numero che metteva in relazione i fenomeni solari e lunari e i rispettivi calendari per poter dare origine a un nuovo ciclo temporale più o meno lungo?
Una positiva ed esauriente risposta ci è stata data e documentata da Mauro Peppino Zedda con le sue illuminanti ricerche. La tenacia dell’autore nel perseguire le sue iniziali intuizioni, malgrado il disinteresse del mondo accademico tradizionalista, ha aperto una grossa breccia nell’oscurità del periodo nuragico. L’autore si pone giustamente anche un’altra domanda: quali stelle di prima grandezza avevano, in quel periodo, una declinazione compatibile con l’orientamento dei nuraghi? Perché il collocare/costruire nuraghi che incorporano le posizioni dei lunistizi e le direttrici dei solstizi faceva si che, oltre a soddisfare le necessità calendariali, gli stessi fungessero da gnomoni per l’osservazione del tempo del cielo e per annottare il grado/tempo di variazione del sorgere o tramontare eliaco/draconico delle costellazioni, delle stelle e dei pianeti, in particolare quelli che fungevano e tuttora fungono da segnatempo, singolarmente Venere, Giove e Saturno o in coppia in occasione delle periodiche congiunzioni (es. Giove Saturno ogni venti anni). [sighi a lèghere]

lunedì 13 agosto 2012

Custu blog si leat unas dies de pasu
pro Mesaustu
chi siat de paghe e de allegria pro totus

Gli "oneri aggiuntivi" che cancellano sardo e friulano


di Carlo Puppo (*)

Abbiamo soltanto un problema di oneri aggiuntivi.” Con queste parole il rappresentante del Governo italiano Gianfranco Polillo, sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze, ha espresso la sua contrarietà all’ordine del giorno promosso dall’on. Federico Palomba (IdV) e sottoscritto dai deputati Carlo Monai (IdV), Caterina Pes (PD), Ivano Strizzolo (PD), Fulvio Follegot (LN), Manlio Contento (PdL), Mauro Pili (PdL), Settimo Nizzi (PdL) e Giovanni Paladini (IdV). Ordine del giorno che, vista l’opposizione del Governo, è stato bocciato con 355 no, 132 sì e 12 astenuti.
Quale il motivo del contendere? Il fatto che l’ordine del giorno, se approvato, avrebbe impegnato il Governo Monti ad intervenire affinché fosse mantenuta la regola che fissa come base di calcolo per le Istituzioni Scolastiche Autonome il numero minimo di 400 alunni in ragione della loro appartenenza ad aree in cui sono presenti minoranze linguistiche riconosciute con la legge statale 482/99. In pratica a superare quell’aberrazione storica e giuridica rappresentata dal concetto di “minoranze di lingua madre straniera” introdotta dal decreto n. 95/2012 in materia di revisione della spesa pubblica che il 7 agosto, con il voto conclusivo della Camera dei Deputati, è diventato legge. Una legge che, se diamo credito alla relazione tecnica che accompagnava il decreto legge, qualificava come dialetti il friulano, il sardo e l’occitano, in aperto contrasto con la 482/99.

venerdì 10 agosto 2012

Identidadi, lingua e innovatzioni po bogai traballu


de Giampaulu Pisu
In su cumbènniu fatu in Sàrdara, is aministradoris de 90 biddas at pedidu a sa s’arrespetu de s’art. 4 c. 5 L 482/99 (Scriri in is mòllius de pre iscrtitzioni scolàstica sa pregonta po babus e mamas chi si bolint avalessi de s’imparu de sa lìngua sarda po is fillus). Custa una sìntesi de su cumbènniu.
 “Po bogai traballu tocat a cambiai prospetiva ponendi impari identidadi e innovatzioni. Depeus difendi is spetzifitzidadis nostas: nuraxis, paesàgiu, cultura, lìngua… funt s’ùnica cosa chi is àterus no si podint copiai -su benidori est in is spetzifitzidadis nostas”, custus funt is fueddus de su sìndigu de Sàrdara ananti de is Aministradoris comunalis Sardus chi si funt adobiaus po fueddai de lìngua sarda in sardu. Po imoi funt 90 is sindigus chi ant deliberau po pediri a sa RAS chi fatzat aciungi a su mòlliu de pre iscritzioni scolàstica sa pregonta “boleis chi imparint su sardu a is fillus?” Aici cumenti narat sa lei 482/99 e cumenti faint in Friuli giai de 10 annus chene ai strobau totu custus consillus comunalis. Is sardus depint pretendi amarolla s’arreconnoscimentu de su deretu a sa cultura insoru in scola, lìngua e stòria innantis de totu. “Est cosa chi no benit a beni” at nau G. Pisu "chi deu sia lòmpiu a s'edadi de 23 annus chena de sciri ita est unu nuraxi o su casteddu de Murriali".
Po fai custu serbit duncas unu ufìtziu scolàsticu sardu chi traballit a su costau e impari a cussu de su Stadu, cun programas, lìburus e docentis preparaus (Oreste Pili). Su cumbènniu est sighiu cun sa proposta de formai unu comitau de aministradoris comunalis po portai ainnantis custa chistioni. Proposta fintzas a una lei noba po sa lìngua, sa L.R. 26/97 est bècia e una prus noba che sa friulana iat a podi andai beni. No unu comitau ma "una federatzioni de comunus cun d-una Carta po su bilinguismu” at propostu Oresti Pili assessori de Cabuderra. Àtera chistioni apretosa pesada de Pili est sa de sa ratìfica de sa Carta Europea de is Lìnguas de Minoria: in parlamentu funt andendi ainnantis fadendi fillus e fillastus e apetighedi su sardu, totu custu mancai sa lìngua sarda siat, de totu is minorias de s'Itàlia, sa prus manna po su tanti de sa genti chi dda fueddat.

martedì 7 agosto 2012

La disciplina di partito è salva. La Sardegna molto meno


Con la ipocrita complicità di gran parte dei deputati eletti dai sardi, anche la Camera ha deciso poco fa di assestare un colpo micidiale all’autonomia speciale della Sardegna e (delle altre regioni a statuto speciale). Una ferita pesantissima sia alla sua economia sia all’elemento principe della sua specialità, la lingua sarda. Ferita gravissima perché inflitta con il concorso attivo di molti dei 17 deputati che noi abbiamo spedito a Roma nell’illusione che potessero rappresentare i nostri interessi e non solo quelli dei rispettivi partiti.  Pochi, nella maggioranza che appoggia il Governo Monti, hanno anteposto la loro coscienza di rappresentanti del popolo sardo all’obbedienza al Partito, nel votare il decreto di Revisione della spesa.
Ho parlato di complicità ipocrita. Chi dei votanti a favore ha parlato pubblicamente del proprio atteggiamento non ha espresso un convinto appoggio al decreto di Revisione della spesa. I più, sia a destra sia a sinistra, hanno mugugnato, altri hanno detto cose di fuoco contro il provvedimento del Governo, annunciando poi che avrebbero votato a favore “per disciplina di partito”, in ricordo dei bei tempi del centralismo democratico alcuni e degli ordini di scuderia altri. Una pagina pessima nella storia della autonomia della Sardegna.
Di quanti hanno disubbidito agli ordini di scuderia (Mauro Pili, a quel che si sa, degli altri sapremo domani) dubito ci sia stato qualcuno a richiamare la porcellata fatta contro la lingua sarda (la friulana e l’occitana) e di mettere la questione nel paniere dei propri no a Monti. Dei votanti a favore del governo, solo Caterina Pes, del Pd, ne ha fatto cenno, ritenendo la questione a parole importante, ma non tanto da non farle cambiare parere. È da questo partito, il Pd, che sono venute le critiche più dure all’attacco portato dal governo alla specialità autonomistica. E invece di votar contro, vota a favore. Non servirebbe a niente, neppure se ne accorgerebbe il governo del voto contrario dei deputati sardi, secondo quanto ha affermato Giulio Calvisi. Una incredibile confessione di inutilità di ruolo, insomma. La confessione che in Parlamento si va per votare secondo disciplina di partito, non per fare gli interessi degli elettori.
Qui non si leggerà mai una lista di buoni e di cattivi, ma credo che l’anno venturo i sardi dovranno pur chiedere ai deputati e senatori da essi eletti che cosa hanno fatto per loro, in più di seguire la disciplina dei rispettivi partiti.

lunedì 6 agosto 2012

Scrittura nuragica. Il magnifico Toro alato o Bue Api di Villaurbana

Il bellissimo toro alato di Villurbana

di Gigi Sanna

Il Corpus delle iscrizioni nuragiche dell'età del bronzo finale, dopo la recente testimonianza epigrafica della pietra 'lingam' di Terralba, contenente la sequenza delle parole ' 'AG/ HE'/ NUL (1), si arricchisce di un ulteriore stupefacente documento epigrafico che tende a mutare radicalmente i precedenti e a confermare in pieno i nuovi orizzonti e gli scenari storico culturali già intravisti con l'esame delle decine e decine di documenti analizzati in questo blog e altrove (2).
Quali sono questi nuovi orizzonti conoscitivi che riguardano la storia della Sardegna tra l'età del bronzo medio, finale e l'età del ferro (XVI - IV/III secolo a.C.)? Ripetiamolo ancora una volta. Essi riguardano la religione, la cultura scritta, l'architettura, la scultura, la composizione umana della società cosiddetta 'nuragica'. In particolare sono caratterizzati: (sighi a lèghere)

sabato 4 agosto 2012

Caro Pili (e cari altri 17), la specialità non è solo fatto economico

Mauro Pili, deputato del Pdl, rispondendo ieri ad un mio articolo mi rimprovera di aver voluto sollevare “una polemica pretestuosa”. Io ne criticavo il disinteresse mostrato nei confronti della discriminazione del sardo contenuta in una norma del decreto di Revisione della spesa in discussione alla Camera, decreto contro il quale era intervenuto duramente, annunciando il suo voto contrario. Intanto sono grato a Pili per la sua decisione di dissentire pubblicamente; se questo del deputato sardo fosse non un’eccezione, ma una consuetudine dei rappresentanti del popolo sardo di interloquire con i rappresentati, credo che la politica ne godrebbe in reputazione, oggi decisamente bassa.
Una cosa, Pili ha ragione di rimproverarmi: aver liquidato troppo spicciamente il suo intervento: rimedio pubblicandone gran parte e riconoscendo che in esso si rintraccia una forte passione autonomista, non rarissima nei discorsi dei nostri parlamentari ma certo non consueta. E però non cambia la mia convinzione che non basti la professione di autonomismo per difendere la nostra specialità, se questa passione è il frutto dell’economicismo, del ritenere, cioè, che essa ci spetti solo perché più poveri e isolani. “La specialità della Sardegna” afferma Pili “si può misurare: se è cento la base di calcolo delle infrastrutture dell'Italia, sulle strade la Sardegna ha quarantacinque, sulle ferrovie ha quindici, sull'energia trentacinque, cioè esiste un divario sostanziale che non può essere richiamato da nessuno come una richiesta di favore, di solidarietà o di cortesia”.
Tutto vero e tutto misurabile, ma questo non spiega perché la Sardegna sia regione a Statuto speciale e la Calabria, per dire, no. E perché sia speciale così come lo è il Sud Tirolo che certo non soffre dello stesso gap di sviluppo. Un collega e amico di partito di Pili, l’ex ministro Renato Brunetta, ha spesso pontificato sulla necessità di abolire le regioni speciali con un argomento improntato all’economicismo: la specialità fu “concessa” per ragioni di emergenze economiche e fiscali, terminate le quali addio alla necessità di autonomie differenziate. Questa logica, che mi pare la stessa di Pili (e di moltissimi dei suoi 17 colleghi), porta inevitabilmente a considerare che la nostra specialità non avrà ragione di essere, il giorno – può capitare anche questo – il benessere economico dovesse investire la Sardegna. O avrà motivi meno validi o più fondati in  ragione della sua decrescita o crescita economica.
Non so se coscientemente o se solo per vaghe intuizioni nazionaliste granditaliane, il mondo neo-giacobino mediatico e i burocrati nostalgici del napoleonismo si stanno da tempo muovendo per abbattere le vere ragioni delle specialità: l’essere esse il luogo di minoranze linguistiche e, dunque, di culture e concezioni del mondo diverse da quelle della Nazione dominante. L’essere, cioè, nazioni a parte. Per ora, bersagli dell’aggressione sono le lingue più deboli in quanto non protette da eserciti e diplomazie statali: il sardo, il friulano e l’occitano, lingua questa – che volete gliene freghi al Corriere della sera, a La Repubblica, a Libero, a La Stampa, a L’Espresso? – che per gran parte della storia dell’Esagono francese fu antagonista della vincente langue d’oil.
Altre volte ho scritto su questo blog che il Governo Monti tende a far passare come misure di contenimento della spesa pubblica l’abrogazione delle garanzie costituzionali per le lingue di minoranza che non siano tutelate da trattati internazionali. C’è qualcuno che può seriamente credere che ridurre sardo, friulano e occitano a dialetti privi di tutela sia una misura economicamente valutabile? L’urgenza di rimodulare la spesa pubblica è indubitabile e su questa necessità si può ragionare, con la disposizione a tagliare tutto ciò che è spreco, foraggiamento di privilegi, clientelismo; ma nessuno può pensare di pagare tali riduzioni con il taglio netto della democrazia. Pena la confessione da parte dello statalismo che questo Stato nazionale ha fallito, non regge più e che al più presto va almeno smontato. Cosa di cui, per il poco che conta, sono profondamente convinto. L’attacco alle Regioni speciali, salvo la Sicilia (la cui autonomia è frutto del timore del separatismo e delle sue ragioni) tutte sedi di minoranze linguistiche, è “motivato” dalla necessità di contenerne le spese. Che sono, comunque, affari interni e soggette al controllo e alle eventuali censure dei loro cittadini, non dei professionisti dell’anti-casta e di incolti giornalisti che definiscono spreco l’impiego di denaro per tutelare lingue che, fosse per loro e per lo Stato, potrebbero utilmente estinguersi. Forse sarà difficile persino ai tecnici di Monti violentare la Costituzione fino all’abrogazione delle Regioni speciali, anche se con la Sicilia i tentativi sono arrivati a buon punto. Non sarà molto difficile, minare il nucleo della specialità della Sardegna e del Friuli abrogando la tutela delle loro lingue, se non entrerà in testa ai parlamentari espressi da queste due nazionalità che quello della discriminazione linguistica è solo un grimaldello.

venerdì 3 agosto 2012

Il Parlamento sardo unanime sulla lingua. In quello italiano, i sardi assenti


La rissa continua che sembra dominare i lavori del nostro Parlamento, almeno a leggerne sui giornali, si è presa una benedetta pausa e all’unanimità ha approvato un ordine del giorno a tutela della lingua sarda, seriamente minacciata dalla proposta di ratifica della Carta europea delle lingue di minoranza. Nel loro documento, i consiglieri regionali affermano che la proposta del Governo Monti “desta notevoli preoccupazioni in quanto contiene delle forti limitazioni per il sardo proprio in due settori strategici per la promozione della lingua sarda quali l'istruzione e l'informazione, laddove sarebbe più congruo e auspicabile un assetto di tutela più stringente e adeguato alle caratteristiche dell'idioma regionale”.
Affermano, quindi, la convinzione “che l'elemento identitario della lingua possa costituire un punto di forza per far valere le ragioni della nostra Isola anche ai fini della rivendicazione dei seggi rappresentativi della Sardegna nel Parlamento europeo, come ribadito dallo stesso Parlamento europeo nel progetto di relazione 2007/2207 (INI) che dispone che "gli Stati membri potranno istituire circoscrizioni speciali per venire incontro alle esigenze delle comunità appartenenti alle minoranze linguistiche"”. E alla fine chiedono al Parlamento italiano “di prendere nella dovuta considerazione, in sede di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie (disegno di legge n. 5118/XVI), le istanze sopra rappresentate affinché la lingua sarda possa vedere garantiti i massimi livelli di salvaguardia e promozione in ogni settore della vita economica e sociale, con particolare riguardo all'ambito dell'istruzione e dell'informazione, in modo tale da consentire una sua piena ed effettiva tutela, tenuto conto del valore storico, identitario e culturale della stessa”.
Come si vede, si tratta di un documento importante, pur se forse dà per scontata la tiepidezza di alcuni deputati regionali e dei loro gruppi i quali non hanno voluto che la tutela del sardo, oltre agli ambiti dell’istruzione e dell’informazione, si estendesse anche a quello della giustizia. La Carta europea lo prevede e il Governo Monti ha deciso di assicurarla alle lingue come il tedesco, il francese, il croato e lo sloveno, tutelate da trattati internazionali. Siamo, ahinoi, nelle condizioni di doverci accontentare: l’unanimità può rappresentare un segnale forte al Governo del fatto che i rappresentanti dei sardi in Sardegna sono tutti per la difesa della lingua. Cosa che, purtroppo, non capita nei loro rappresentanti che i sardi hanno mandato a Roma, se non nel caso dell’Idv Palomba e dell’Udc Mereu, come in questo blog si è scritto.
C’è chi nel Parlamento italiano usa i toni forti da capopopolo e poi, davanti alla questione principe della lingua sarda, tace, come si trattasse di una cosettina da nulla. Ieri, alla Camera si discuteva della Revisione di spesa (quel provvedimento in cui si è intrufolata la discriminazione tra lingue nobili e dialetti come il sardo, il friulano e l’occitano). Mauro Pili, deputato del Pdl, ha lanciato accuse di fuoco contro il Governo Monti, affermando che alcuni provvedimenti economici rappresentano “un vero e proprio golpe costituzionale perché cancellano di fatto le regioni a statuto speciale e lo fanno nel modo più bieco e violento della storia repubblicana. Si tratta di un agguato vero alla Sardegna e alle regioni a statuto speciale”.
Una levata di scudi in difesa dell’autonomia, quella di Mauro Pili che ha annunciato il suo voto contrario. Filippica sacrosanta, per l’amore del cielo. Se non fosse che del golpe contro la lingua sarda, e quelle friulana e occitana, neppure si è accorto. Come se specialità della Sardegna risiedesse davvero nella sua insularità e nel differenziale economico, secondo quanto amano pensare gli economicisti. Senza rendersene conto, Pili sta dando ragione a quella scuola di pensiero (che dovrebbe essergli estranea, data la sua collocazione politica) secondo cui le specialità sono destinate a scomparire, una volta scomparso o attenuato il gap economico.

giovedì 2 agosto 2012

A bellu a bellu, ma si trement

Antonello Mereu, deputadu de s'Udc de Carbònia, at fatu aprovare dae sa Cummissione de sos trasportos de sa Camera unu pabiru chi punnat a torrare a sas limbas sarda e friulana sos deretos iscantzellados dae su disignu de lege guvernativu de ratìfica de sa Carta europea de sas limbas. In su pàrrere chi sa Cummissione de sos trasportos, paris cun àteras, depiat dare pro sa proposta de su Guvernu, si cunsiderat chi “il nuovo testo del disegno di legge in oggetto riconosce alti livelli di protezione alle lingue protette da accordi internazionali quali il tedesco, lo sloveno, il francese e il ladino, mentre per le lingue di cui alla legge n. 482 del 1999, tra cui il sardo e il friulano che hanno larga diffusione sul territorio nazionale, sono previsti livelli di protezione più bassa, con particolare riguardo ai paragrafi concernenti l’istruzione scolastica, i media, la giustizia e la pubblica amministrazione”.
Pro custu, Mareu at propostu in sa relata chi at fatu a sa Cummissione, e custa at aprovadu chi su pàrrere positivu b'est, bastante chi “siano assicurati alla lingua sarda e friulana, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, i medesimi livelli di protezione previsti dai paragrafi concernenti l'istruzione scolastica, i media, la giustizia e la pubblica amministrazione per le lingue protette a accordi internazionali, quali il tedesco, lo sloveno, il francese e il ladino”. Sa lìtera de s’assessore sardu de sa Cultura, Sergio Milia, a sos parlamentares sardos in Itàlia cumintzat, duncas, a tènnere carchi torrada bona, mancari chi a s'apellu de sa Regione sarda no apant torradu imposta sos parlamentare de sos partidos prus mannos chi in Sardigna collint botos.
De singiulare b'at finas su chi at iscritu eris su segretàriu de sa Cisl sarda Mario Medde, inchietu ca “Anche la lingua sarda rischia di finire nel mirino del centralismo autoritario statale che, in modo diretto e indiretto, cerca sistematicamente di ridurre gli spazi dell'autonomia speciale della Sardegna”. Contra a custos assàchios, Medde pedit impostas fortes a sa Regione “fino alla mobilitazione dei suoi organismi istituzionali".
Ammentende chi in custas oras su Cunsìgiu regionale at a botare una motzione chi botzat sa proposta de ratìfica de sa Carta europea gasi comente l'at ammaniada su Guvernu e pedit pro su sardu su matessi amparu de sas àteras limbas, Medde narat galu chi “qualora la mozione del Consiglio regionale dovesse restare inascoltata, la Regione sia pronta a coordinare iniziative a tutti i livelli istituzionali. Il riconoscimento pieno, effettivo e integrale di minoranza linguistica, tutelato dal Consiglio d'Europa e ratificato dalla 'Carta delle lingue regionali o minoritarie', potrebbe anche essere introduttivo alla risoluzione del problema dell'insularità e alla ridefinizione dei collegi elettorali per l'elezione del Parlamento europeo.
Recenti episodi hanno confermato la disattenzione di importanti organi dello Stato verso la lingua sarda e la sua validità nel comune uso orale e scritto anche in documenti ufficiali. L'ultimo si è verificato il 19 luglio scorso quando è stato reso noto che la Corte di Cassazione, in una sentenza depositata il 28 maggio 2012, ha dichiarato che 'quella sarda non è una lingua madre ma forma linguistica dialettale non riferibile al concetto giuridico e alla nozione tecnica di lingua utilizzata da minoranze linguistiche. Si è di fronte a una nuova forma di centralismo autoritario che la Regione deve contrastare in modo efficace”.